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Biancaneve


Signor giudice, credevo di poter passare alla storia come uno dei padri dell’informatica moderna. La mia Macchina potrà rivoluzionare il modo in cui le cose verranno declinate. E invece? Mi condanna per il mio reato? Qual è il reato? Amare? Deturpare mediante la chimica il mio corpo: è questa la condanna che ritiene giusta per me? Per aver commesso il reato di amare?


Gli anni ’50 del Novecento orientavano la società verso uno straordinario benessere generale. E’ terribilmente cinico, ma spesso succede: crisi, guerra, distruzione, e poi crescita economica. E io, con le mie ricerche così utili durante la guerra, ora sono considerato uno scarto della società. Un deviato. Malato. Da umiliare.


Non lo voglio vedere, questo resto di Novecento. Adesso la uso io, la chimica. Carbonio e azoto. Da soli, così fondamentali: il carbonio rappresenta la base della vita, l’azoto è nell’aria. Insieme, possono invece diventare mortali. Cianuro.


Adesso me la avveleno da solo, la mela. Mi avete mortificato. Ma non mi ucciderete. Mi uccido io. E, nel prossimo millennio, mi riabiliterete. Chi ama non è diverso.


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