Inverno cittadino
«Sai, René» disse Giambattista, con il sapore del caffè che permeava l’interno delle guance riscaldandole, in quella fredda e soleggiata mattina del 23 gennaio 2144, «rileggevo con attenzione i pensieri di Galilei, la sua relazione con Newton, il suo grande dilemma: evoluzione, e inerzia? Evoluzione contro inerzia?».
René guardava il suo amico e collega filosofo attraverso le linee di fuga degli occhiali da sole, che servivano in realtà a riparare gli occhi soprattutto dalla luce riflessa nei numerosissimi grattacieli circondati da ampie vetrate. La nuova architettura del tempo dava una sensazione di ampiezza, pulizia e silenzio alle grandi città come quella. Lo guardava, attendendo che lui proseguisse il discorso.
Gli assistenti elettronici di Giambattista e René ricordarono a entrambi i loro impegni per la mattina. Giambattista avrebbe dovuto dettare al suo chip personale le correzioni di un documento che sarebbero poi state trasmesse alla casa editrice per cui stava lavorando. René invece avrebbe dovuto ritirare un nuovo automa con funzioni di maggiordomo domestico, poiché il precedente era stato ritirato in quanto non riusciva più a interfacciarsi bene con l’insieme di apparecchiature domotiche che lui aveva nel suo appartamento.
Giambattista continuò, ai bordi di un parco che resisteva tranquillo tra gli alti palazzi, e accennando alla sua amata passione per la ciclicità degli eventi disse: «ci deve essere un tempo di induzione anche per le correnti artistiche. Tipologie di scrittura, musica, cinema, pittura, e altro. Ne inventano di nuove. L’istinto inerziale ci porta a non accettarle. Passa poi il giusto tempo, fossero anche uno o due secoli. L’istinto evolutivo ce le fa poi capire. E così via». «Un equilibrio dinamico» disse René – razionalista come sempre – guardando l’orizzonte cittadino popolato da mezzi di trasporto elettro-solari che conducevano a lavoro le poche persone che ancora si recavano in un luogo, per lavorare.